Onorevoli Colleghi! - Rispetto al «terremoto» verificatosi nel mondo del calcio, verrebbe da dire «ci risiamo», se quanto sta accadendo in queste settimane in realtà non avesse nulla a che vedere con tutti gli altri scandali che nei decenni precedenti hanno coinvolto lo sport nazionale per eccellenza (ma non mancano esempi eclatanti anche a livello continentale e mondiale).
      In questi giorni sembra quasi una «bravata» quanto accaduto il 23 maggio 1980, quando la Polizia e la Guardia di finanza procedettero a una serie di arresti e consegnarono ordini di comparizione ad alcuni dei più importanti calciatori dell'epoca.
      Il «calcio scommesse» tornò a turbare i sonni degli italiani nel 1986 e anche negli anni più recenti. Ma la sensazione è che quanto sta emergendo dalle indagini delle procure di Napoli, Torino e Roma (senza dimenticare quelle portate avanti dalle procure di Perugia, Parma e Udine) non abbia precedenti per gravità perché delinea un quadro d'assieme che coinvolge tutti i protagonisti del movimento e un «modus operandi» che sembra finalizzato a condizionare l'esito di singole partite e di interi campionati di calcio.
      Le famose «intercettazioni telefoniche» si riferiscono alla sola stagione calcistica 2004-2005 e forse non si saprà mai concretamente quando «il sistema strutturato» di illeciti sia nato e quali eventi interni o esterni al mondo del calcio ne abbiano favorito la comparsa.
      La certezza - se di certezza si può parlare visto che sono ancora in corso le indagini - è che era stata messa a punto una ramificata rete di rapporti che consentiva il controllo delle partite e anche del mercato dei calciatori. La sensazione è che tutti i protagonisti avevano completamente perso di vista la gravità di quanto stava accadendo. Era subentrata

 

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l'abitudine e, ancora più preoccupante, la convinzione di essere sostanzialmente impunibili.
      A questo punto il pericolo più grande è quello di sottovalutare il «terremoto» che pare destinato a stravolgere il mondo del calcio italiano, di non comprendere fino in fondo la gravità di quanto accaduto.
      L'aspetto economico è cresciuto esponenzialmente nelle ultime stagioni con la comparsa dei diritti televisivi relativi alla trasmissione della partita di calcio: il pericolo di intromissioni «illecite» sarà sempre altissimo. Considerare il calcio niente di più che un gioco sarebbe ingenuo e renderebbe difficile affrontare la situazione con le necessarie attenzione e gravità.
      Nella sua interpretazione più «verticistica», il calcio è una delle industrie più importanti del Paese (e un polo occupazionale unico per dimensioni e per numeri) e anche uno dei principali canali di promozione che l'Italia può vantare nei confronti di tutto il mondo. I danni economici e di immagine che le ultime settimane hanno causato potranno essere compresi e contabilizzati solo con il tempo o con molta fantasia indugiando quanto possibile nel pessimismo.
      L'unica possibilità per limitare i danni è individuare subito i mali cronici del movimento calcistico e quelli di più recente nascita: occorre sradicare entrambi perché si possa quanto prima ripresentare un calcio credibile sia all'interno che all'esterno dei confini nazionali.
      Limitarsi a «sentenziare» su quanto accaduto, punire i colpevoli e premiare le vittime sarebbe solo un palliativo, un tentativo effimero di sfuggire consapevolmente alle responsabilità che non convergono solo sul mondo sportivo, ma investono inevitabilmente anche quello politico.
      È in questo quadro che risulta opportuno e doveroso che il mondo politico faccia la sua parte con serietà ed equilibro effettuando una ricognizione, attraverso una Commissione parlamentare di inchiesta, sull'intera organizzazione del calcio professionistico del nostro Paese al fine di individuare le «debolezze» del sistema, così da intervenire in modo tempestivo e incisivo con i dovuti correttivi, nei limiti delle competenze della medesima Commissione.
 

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